DATA: 1997

FONTE: I° Congresso Internazionale Studi delle Esperienze di Confine a cura della dr.ssa Fulvia Cariglia

AUTORE: Arthur Berger

Relazione del Professor Arthur Berger per il I° Congresso Internazionale di Studi delle Esperienze di Confine organizzato dalla Dottoressa Fulvia Cariglia con il Patrocinio della  Repubblica di San Marino nel 1997.

QUESTIONI DISTINTE
Il tema della sopravvivenza implica che ci poniamo due domande interessanti, strettamente connesse tra loro ma anche completamente distinte; domande che vengono sollevate dopo che una persona muore. La prima domanda, di immediata importanza per l’individuo è se la mente di una persona, con la sua conoscenza, il suo carattere, i ricordi e le abitudini continuino ad esistere dopo la morte. La seconda domanda, di secondaria importanza invece per l’individuo stesso, è se la propria sopravvivenza possa essere mostrata ad altre persone. In altre parole, la prima domanda è molto personale: “Io, Arthur Berger, sono sopravvissuto alla morte?”. Questo è ciò che io vorrei sapere. La seconda domanda è molto più impersonale: “”Arthur Berger è sopravvisssuto dopo la morte?”. Questo è ciò che mia moglie, la mia famiglia, i miei amici, colleghi e parapsicologi vorranno sapere.

se la risposta alla prima domanda è “No, non sopravviverò dopo la morte”, ne segue che la risposta alla seconda domanda sarà “No, Arthur Berger non è sopravvissuto dopo la morte”. Ma se la risposta alla prima domanda è “Sì sono sopravvissuto dopo la morte” non c’è bisogno di dire che la risposta alla seconda domanda sarà “Sì Arthur Berger è sopravvissuto dopo la morte”. E’ anche possibile però che io sia sopravvissuto alla morte, destato da essa come una persona che si sveglia alla mattina dopo una notte di sonno, ma poichè in qualche modo le condizioni sono cambiate, per mancanza di motivazione o di capacità di comunicare, non ho la forza di rendere nota la mia sopravvivenza al vivente. Questo può far supporre erroneamente che non sono sopravvissuto. Risulta chiaro che il solo modo per capire se c’è sopravvivenza può essere stabilito, per i viventi che voglio saperlo, attraverso i mezzi di comunicazione da parte della persona che è deceduta che identifica la persona come una che una volta ha vissuto.
La reincarnazione rappresenta un’altra forma di sopravvivenza. Se Arthur Berger è sopravvissuto e vive adesso in un altro corpo, il comunicare con gli altri per provare la mia reincarnazione non è un problema. Ma la questione adesso diventa: ” Che cosa devo comunicare che mostri che ho vissuto prima?”.
All’attuale stato della ricerca portata avanti da Ian Stevenson nel caso di bambini piccoli, vorrei provare a ricordare e a fornire dettagli sulla mia vita passata. Ma prima che essi siano accettati come prova che io ho veramente vissuto la vita che descrivo, devono essere verificati. La verifica non è facile dal momento che gli esaminatori dovrebbero diventare detective e avvocati spendendo tempo e risorse per trovare ed interrogare i testimoni, soppesare le loro testimonianze, e il risultato può comunque essere ambiguo e opinabile.

IL PROBLEMA DELL’ESPERIMENTO POSTUMO
Ogni indagine sulla sopravvivenza disincarnata o sulla reincarnazione dovrebbe preoccuparsi di sapere se c’è stata una comunicazione, e nel caso essa abbia avuto luogo, se ha mostrato che esseri comunicanti dopo la morte sia identico ad esserlo prima della morte come la cosa lascia pensare che sia.

La prova della veridicità della sopravvivenza dopo la morte e della comunicazione poggia sopratutto su casi spontanei – racconti di tutti i giorni circa apparizioni, infestazioni, visioni sul letto di morte, ricordi che si asserisce siano relativi a vite passate, medianità, esperienze fuori dal corpo ed NDE. Tuttavia si continua ancora a discutere sulla validità scientifica di questi racconti quasi aneddotici.
Ho preferito cercare prove di tipo diverso e più forti seguendo un approccio di tipo sperimentale dal momanto che, diversamente dai casi spontanei e fortuiti, gli eventi paranormali possono verificarsi in modo programmato. Ma il primo problema che ho affrontato – e dovrà essere affrontato  da chiunque si affacci alla parapsicologia sperimentale – è stato come disegnare un esperimento postumo per dimostrare in modo convincente che una comunicazione è stata ricevuta da parte di una persona deceduta – disincarnata o reincarnata che sia – che identifica quella persona come una che ha vissuto precedentemente.
Ho iniziato notando che i primi ricercatori come lo studioso F.W.H. Myers, che volevano dimostrare che sarebbero sopravvissuti dopo la morte, preparavano esperimenti postumi che consistevano nel chiudere un messaggio in una busta intendendo comunicare ( dopo la morte N.d.T. ) attraverso un medium, i contenuti della busta stessa come prova di sopravvivenza e di identità.
Nello sforzo di risolvere il problema di come disegnare un esperimento postumo, ho studiato gli esperimenti della busta sigillata, ho preso nota dei loro aspetti positivi e negativi e ho formulato cinque condizioni che devono essere verificate da un prossimo esperimento.

LE CONDIZIONI DI UN ESPERIMENTO POSTUMO
La prima condizione è illustrata dagli esperimenti con la busta. Il piano per escludere la possibilità di telepatia da parte dei presenti era eccellente. La prima condizione è che non vi sia persona vivente da cui le capacità extrasensoriali del sensitivo possano aver ricevuto i contenuti della busta.

Ma il primo difetto dell’esperimento consisteva già ne lfatto che coloro che lo conducevano non si fossero resi conto che, anche se l’esperimento avesse avuto successo, questo avrebbe potuto essere spiegato anche altrimenti, nel senso che attraverso la chiaroveggenza un sensitivo poteva aver ottenuto le informazioni dal foglio di carta sul quale il messaggio era stato scritto, anche se sigillato in una busta. La seconda condizione, perciò, è che, per essere comunicata, l’informazione non deve essere registrata in alcuna forma che possa divenire oggetto dell’ESP del sensitivo.

Una terza condizione è mostrata da un altro limite riscontrato nell’esperimento della busta. Nel 1891, Myers insieme a Oliver Lodge , lasciò un messaggio chiuso in una busta. Tre anni dopo la sua morte nel 1901, la medium signora A.W.Verrall, registrò una comunicazione di Myers che lasciava pensare che stesse dicendo i contenuti della busta. Questa fu aperta nel 1904. La Società per la Ricerca Psichica rifiutò che si trattasse di una comunicazione da parte del defunto dal momento che i suoi contenuti non presentavano somiglianza con quelli della busta. W.H.Salter, studioso altamente rispettato, sostenne tuttavia che le frasi di Myers assomigliavano chiaramente a quelle del messaggio (Salter 1958). Questo tipo di disputa ha reso l’esperimento incompleto. La terza condizione è quindi che un esperimento postumo sulla sopravvivenza debba produrre un risultato definito e non discutibile. La quarta condizione scaturisce da una altro limite dell’esperimento della busta. Dopo aver aperto al busta di Myers nel 1904, l’esperimento praticamente finì. Il comunicatore aveva un’unica possibilità, e una volta che i contenuti della busta erano stati rivelati, nessuna frase di Myers, anche se esattamente uguale al messaggio, avrebbe costituito una prova valida della sua identità e della sua sopravvivenza. La quarta condizione, allora è che in un esperimento futuro sia permesso al comunicatore, incarnato o disincarnato, di avere più di una possibilità di comunicare, in modo tale che sia anche possibile fare, non una, ma molteplici ripetute prove.

L’esperimento della busta ha consentito di verificare se i contenuti effettivi della busta stessa erano stati comunicati. L’ultima condizione, perciò, è che i ricercatori che siano stati depositari di qualcosa da parte della persona che partecipa all’esperimento debbano essere capaci di verificare la validità di quegli eventi particolari che hanno luogo dopo la morte della persona.

L’ESPERIMENTO “CON I NUMERI”

Affinchè queste condizioni possano verificarsi ho concepito un esperimento postumo “con i numeri”, che le persone possono preparare nel privato della loro casa.

Per raffigurarvelo, pensate ad un enigma lasciato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Sopravvivenza (SRF) da una persona mentre era in vita. Soltanto questa persona e nessun’altra al mondo conosce l’argomento dell’informazione o la chiave che risolverà l’enigma. Per mantenere completa segretezza, la soluzione non viene detta a nessuno e non viene neppure scritta. La persona si propone di provare a comunicare la soluzione dopo la morte e di mostrare la sua sopravvivenza disincarnata o la sua reincarnazione fornendo quella determinata parola chiave che risolverà l’enigma. Senza questo elemento segreto dell’informazione l’enigma non potrà essere sciolto.

Per quanto riguarda la sopravvivenza disincarnata, questa può essere trasmessa attraverso molteplici mezzi. Un medium potente o un sogno, un’apparizione o un parente che viene dall’altro mondo durante un’esperienza di premorte, oppure, se diamo credito ai ricercatori che lavorano sulla transcomunicazione strumentale, attraverso un’immagine video su di uno schermo televisivo. Per quanto riguarda la reincarnazione la situazione è molto più semplice. La parola chiave verrebbe fornita di prima mano e direttamente dalla persona reincarnata. Invece di una prova dipendente dal ritrovamento e dall’esame incrociato dei testimoni per verificare i dettagli di una presunta vita precedente, spesso con risultati discutibili e insoddisfacenti, una parola chiave può essere velocemente verificata dai ricercatori con risultati precisi.

In un altro lavoro (Berger, 1987), ho descritto un enigma nella forma di un messaggio cifrato che ho sviluppato, chiamato “Test con i numeri”. Una persona pensa ad un messaggio da comunicare, apre il dizionario a caso e sceglie una parola come chiave verbale. Il soggetto non rivelerà la parola chiave a nessuno e non la lascerà scritta. Seguendo le mie istruzioni la persona sarà capace di cifrare il messaggio sostituendo le lettere con i numeri, in modo tale che il messaggio non possa essere compreso da nessuno che non abbia la chiave verbale per decifrarlo.

Un messaggio cifrato può consistere in un insieme confuso di numeri come questo : 98, 6, 18, 106, 29, 12, 32, 36, 21, 39, 53. Concordiamo tutti sul fatto che questi numeri non hanno senso e che il messaggio sottostante non può essere compreso. Sono infatti concepiti come una scrittura segreta del tipo usato da spie e diplomatici. Adesso questo sistema viene usato in un esperimento postumo. Il messaggio può essere decifrato e reso credibile soltanto se colui che l’ha cifrato comunica l’unica soluzione corretta scelta tra centinaia di migliaia di parole nel dizionario. La comunicazione di questa soluzione verbale fornirà la prova convincente della sopravvivenza del comunicatore che ha lasciato il messaggio che conosceva lui solo la parola chiave. In questo caso la parola chiave era “builder”.

I numeri vengono lasciati a chi compie l’esperimento, come ad esempio l’ISRF, insieme al titolo, edizione, casa editrice e anno di pubblicazione del dizionario utilizzato. Se la parola chiave “builder”, conosciuta soltanto dal soggetto morto, viene comunicata, gli studiosi potranno utilizzare il dizionario specificato per decifrare il messaggio del soggetto in “we have souls” … Un comunicatore ha molte chance per comunicare la parola chiave perché possono essere effettuati ripetuti esperimenti sul messaggio senza invalidare l’esperimento stesso. Anche se non ha successo subito, il test può essere ripetuto fino a quando non si ottiene la parola chiave che fa decifrare le lettere senza senso. Il risultato è indiscutibile: o le lettere vengono decifrate oppure no.

A causa del basso valore attribuito alla reincarnazione nella cultura occidentale fino a molto di recente, studiosi come Myers pensavano soltanto in termini di sopravvivenza disincarnata. Dal momento che la reincarnazione rappresenta un’altra forma di sopravvivenza e che adesso sembra accettata nel mondo occidentale, l’esperimento “con i numeri” può essere applicato anche a coloro che intendono fornire prove concrete della loro reincarnazione.

Sopravvivenza disincarnata o reincarnazione che sia, la comunicazione di una chiave verbale che decifri un messaggio rappresenterebbe una prova forte, dal momento che, senza parola chiave, il messaggio rimane cifrato. E’ soltanto fornendo la chiave che decifra il messaggio chiave conosciuta soltanto da quella persona, che viene stabilita l’idnetità, essendo essa la persona che ha originariamente lasciato il messaggio.

Sappiamo bene come alcuni filosofi, come lo scettico inglese Antony Flew, abbiano sempre denigrato la possibilità logica della sopravvivenza perché non riuscivano a comprendere come fosse possibile dimostrare che un essere privo di corpo dopo la morte sia identico ad uno prima della morte. Tuttavia quando Antony Flew ha esaminato l’esperimento “con i numeri” ha alzato le sopracciglia e ha scritto che la comunicazione di una parola chiave per decifrare il messaggio costituirebbe una “sfida formidabile” e che l’esperimento rappresenterebbe “un significativo passo avanti” nella ricerca sulla sopravvivenza. (Flew, 1987).

IL PROBLEMA DELL’ “IPOTESI SUPER ESP”

Ma anche se Flew ammettesse  la forza della prova, cionondimeno essa sarebbe messa in discussione da un problema che tutti i ricercatori sulla sopravvivenza devono affrontare, cioè quello del “Super ESP”. Tra tutte le spiegazioni alternative presentate per sminuire l’ipotesi della sopravvivenza e per spiegare altrimenti le apparenti comunicazioni medianiche, l’”Ipotesi Super ESP” si profila come la più forte. Essa ha a che fare con gli straordinari e illimitati poteri percettivi, che presumibilmente possiede il sensitivo, di andare a pescare selettivamente e con un preciso scopo nella mente dei viventi o nei documenti scritti per ottenere particolari informazioni. Un’altra ipotesi contrapposta riguarda la retropercezione – l’uso da parte del sensitivo del potere di utilizzare l’ESP per tornare indietro nel passato – oppure quella di una Mente Cosmica da cui i sensitivi attingerebbero la conoscenza. Se la retropercezione “Super ESP” e la Mente Cosmica sono fenomeni reali e non teorie astratte immaginate ed inventate per contrastare la teoria spiritistica, allora siamo in presenza di una cospirazione di vaste proporzioni volta a nasconderci qualsiasi ricerca di laboratorio che le sostenga.

Nel test cifrato “con i numeri” ho tentato di risolvere il problema del “Super ESP”. Osservando le condizioni menzionate in precedenza, il test finisce per non alimentare l’”Ipotesi Super ESP”. In questi esperimenti, infatti, utilizzando una parola chiave conosciuta soltanto dalla persona che partecipa all’esperimento e da nessun’altra persona vivente, e non lasciata in forma scritta, non esiste alcun tipo di fonte umana vivente o documentaria che possa diventare oggetto di telepatia o di chiaroveggenza. Qualsiasi prova di medianità fornita da questi esperimenti, perciò, non dovrebbe essere spiegata in modo diverso da una semplice dimostrazione della capacità dello psi del medium nell’ottenere dati da una fonte scritta o dalla mente di un vivente.

Anche in questo modo, però, se una comunicazione postuma dovesse venire attraverso un medium e presentasse l’informazione corretta che decifra il messaggio, si potrebbe sempre dire che il medium ha utilizzato poteri extrasensoriali per ottenere informazioni segrete dal partecipante durante la sua vita e che abbia aspettato la sua morte per rivelare i contenuti del messaggio stesso e proclamare che vengono da un comunicatore morto.

Per contrastare questa spiegazione l’esperimento con “i numeri” richiede che vengano effettuati numerosi tentativi per acquisire i dati segreti della mente di tutti i partecipanti viventi che vogliono lasciare un messaggio post-mortem. Se questi tentativi, effettuati pre-mortem dai sensitivi, hanno successo, l’esperimento del partecipante sarà stato compromesso e sarà necessario prepararne uno nuovo. Se tali tentativi falliscono ma un medium ottiene in seguito i dati corretti dopo il decesso, si può affermare, contro l’”Ipotesi Super ESP”, che la riuscita successiva dell’esperimento dovrebbe essere attribuita ad individui morti che trasmettono informazioni al medium in modo tale che l’esperimento abbia successo. Nessuno di noi sa come funzioni l’ESP realmente, ma la nostra teoria potrebbe ragionevolmente sostenere che un sensitivo che utilizzi l’ESP e non sia riuscito ad acquisire dati prima della morte del partecipante possa invece farlo adesso a causa di nuove circostanze che non esistevano prima: la morte del partecipante ed il possibile desiderio o la volontà di comunicare i dati al medium.

IL PROGRAMMA DELL’ SRF

Obiettivo della Fondazione per la Ricerca sulla Sopravvivenza (SFR) è di sottoporre la questione della sopravvivenza allo studio sperimentale per capire se sia possibile che chi ha varcato la soglia della morte possa stabilire comunicazioni convincenti. Si è tentato di organizzare un programma a lungo termine e su larga scala chiamato “Chiavi per la vita dopo la morte“. Esso si basa sull’esperimento “con i numeri”, il cui fine è quello di raccogliere dati ed accumulare negli anni una mole di risultati negativi, positivi o misti. Una molteplicità di esperimenti di successo rappresenterebbe una prova empirica formidabile a sostegno dell’ipotesi della sopravvivenza. Un cumulo di fallimenti porterebbe alla conclusione che l’esperimento non funziona e che deve essere sostituito. Anche la presenza di un mix di risultati positivi, negativi o misti sarebbe impressionante perché i pochi casi di chiaro successo sarebbero difficilmente spiegati in altro modo.

Per condurre questo programma l’ISRF ha intrapreso molteplici iniziative nel campo della ricerca sulla sopravvivenza, per offrire ad un ampio numero di persone l’opportunità di partecipare ad un test cifrato “con i numeri”, e perciò per accumulare prove positive o negative. Io stesso sono uno dei partecipanti. Periodicamente rivedo la mia “chiave verbale” perché il successo dell’esperimento dipende dal fatto che la parola chiave sia ben radicata nella memoria. Il test è inutile se non ricordo ciò che intendo comunicare. Non so se sopravviverò o, qualora lo facessi, se riuscirò a comunicare. Non credo neppure necessariamente alla sopravvivenza. Sono un ricercatore. La mia indagine empirica sull’ipotesi della sopravvivenza comporta l’accettazione sperimentale della possibilità della sopravvivenza e della comunicazione. Si tratta di ipotesi di lavoro che ho bisogno di verificare. Quando utilizzo le parole “comunicatore” o “medium”, questo non implica alcuna fede nella sopravvivenza e nella comunicazione.

Ma se continuiamo a vivere dopo la morte con la nostra coscienza e memoria intatte, come si crede sin dall’inizio della storia umana, io ed altri partecipanti all’esperimento dovremmo essere in grado di portare a termine i nostri esperimenti con successo.

Arthur Berger

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